Uscita delle classi quinte ad Asiago
Il 14,17 e 23 ottobre 2024 tutte le classi quinte dell'istituto hanno partecipato a turno ad una visita sui luoghi della prima guerra mondiale sull'altopiano di Asiago. Tale uscita, promossa da dipartimento di italiano/storia, ha consentito ai ragazzi di fare esperienza di cosa abbia significato per i loro coetanei di oltre un secolo fa trovarsi a combattere in queste zone.
Le classi, accompagnate dall'esperta guida locale Romeo Covolo, hanno percorso il sentiero che porta alla cima del monte Cengio, uno splendido esempio di ingegneria militare. Dopo la sosta per il pranzo al sacco è stato possibile visitare i due cimiteri della Prima Guerra Mondiale ubicati in Val Magnaboschi di Cesuna, la trincea inglese del m.te Zovetto e il Museo della Grande Guerra ubicato a Canove.
Il commento di un nostro studente:
TRINCEE E SILENZI
Nello studiare la Prima Guerra Mondiale a scuola, ci siamo soffermati sui “ragazzi del ’99”: un’intera generazione di giovani mandata al massacro. Ragazzi di poco più di diciotto anni catapultati nelle trincee a combattere: luoghi inospitali, disseminati tra le alture del fronte italiano come il Monte Cengio, che abbiamo percorso in gita. Un ambiente dove un passo falso poteva comportare una caduta mortale o la fine sotto il fuoco nemico: un’alternativa mortale da cui spesso non si poteva fuggire.
Ma ci siamo mai fermati a riflettere su cosa significhi davvero andare in guerra? Lasciare la propria vita, la propria famiglia, la propria casa e i propri affetti e rischiare di perdere tutto? Cosa sarebbe vivere, anche se solo per un giorno, nei luoghi di quell’inferno e respirare quell’aria che è stata luogo di tante sofferenze atroci?
L’uscita sull’altopiano di Asiago che noi studenti di quinta abbiamo vissuto nel mese di ottobre, ci ha dato la possibilità di provare a comprendere una realtà spesso tralasciata. Abbiamo toccato in maniera concreta la brutalità di una guerra logorante, osservato luoghi che i libri di testo menzionano di sfuggita, ascoltato l’eco delle gallerie umide, opprimenti e fetide, che portano ancora impressi i segni del passato bellico, ed infine ripercorso i sentieri che sono stati calcati da migliaia di soldati.
Al nostro arrivo, la guida, un esperto della Prima Guerra Mondiale, ci ha accompagnato dentro le gallerie scavate dai soldati, dentro le trincee, fino ai cimiteri inglese ed italiano. La visita si è conclusa al museo della Grande Guerra di Canove, dove abbiamo ascoltato testimonianze relative alla violenza degli strumenti bellici utilizzati nel conflitto.
Questa esperienza è stata molto toccante e credo abbia reso ciò che i libri di testo non riescono quasi mai a trasmettere: la realtà.
Luoghi angusti, malsani e soffocanti, dove decine e decine di soldati cercavano rifugio durante i momenti di bombardamento. Angusti stanzini dove venivano stipati più di venti uomini, che potevano riposarsi solo poche ore al giorno e riscaldarsi con il calore degli altri commilitoni.
Razioni di cibo scadenti e scarsissime, non più di mezzo litro d’acqua al giorno, mancanza di elmetti, indumenti inappropriati al freddo, temperature gelide in inverno e caldo in estate, la quasi totale impossibilità di comunicare con i parenti a casa, e per ultimo, il rimbombo assordante dei bombardamenti che rendeva matti. Boati e tonfi assordanti e devastanti che, finita la guerra, avrebbero portato all’apertura di massa di ospedali psichiatrici.
Camminare tra i boschi, tra le foglie autunnali cadute a terra, mi ha fatto comprendere i versi di Ungaretti, che racconta in un’immagine le centinaia di soldati che sono caduti in battaglia, proprio come una semplice foglia autunnale che si stacca per sempre dal suo ramo.
Ottantamila uomini non ancora trovati, i loro corpi riposano ancora sull’Altopiano di Asiago, tra pini e abeti, un ambiente che oggi pare pacifico e rilassante, ma che porta con sé le cicatrici di un passato doloroso.
Tutto questo sembra molto lontano da noi, ma tutte le guerre dovrebbero insegnarci qualcosa, lasciarci un insegnamento, un motivo per non commettere lo stesso errore.
Eppure anche oggi, anzi, soprattutto oggi, ci troviamo in una situazione globale in cui ciò che è successo cento anni fa è più attuale che mai.
Spero, per questo motivo, che ciò che i nostri bisnonni o parenti hanno vissuto, anche se molto tempo fa, rimanga vivo: ci insegni che a volte è solo una bandiera che ci divide o separa, ma in fondo siamo tutti fratelli.